I pazienti con tromboembolismo venoso sono soggetti a recidiva.
Tuttavia, resta motivo di controversia se i pazienti con tromboembolismo venoso richiedano una terapia anticoagulante prolungata.
E’ stata compiuta una revisione delle evidenze disponibili e sono stati quantificati i rischi ed i benefici dell’estensione della durata dell’anticoagulazione nei pazienti con tromboembolismo venoso.
Dei 67 studi selezionati, 15 sono stati inclusi nell’analisi.
Nel caso in cui i pazienti sottoposti a terapia anticoagulante di lungo periodo rimanevano in trattamento, il rischio di recidiva di tromboembolismo venoso con la terapia a lungo termine rispetto a quella a breve termine era ridotto ( tasso di incidenza pesata = 0.020 versus 0.126 eventi/persona-anno; p < 0.001; rapporto del tasso di incidenza pooled, IRR = 0.21; p < 0.001 ).
Nei pazienti in terapia nel lungo periodo che interrompevano l’anticoagulazione, la riduzione del rischio era meno pronunciata ( tasso di incidenza pesata = 0.052 versus 0.072 eventi/persona-anno; p = 0.04; IRR pooled = 0.69; p = 0.009 ).
Il rischio di grave sanguinamento nella terapia di lunga durata rispetto alla terapia di breve durata è risultato simile ( tasso di incidenza pesata = 0,011 versus 0.006 eventi/persona-anno; p = 0.14; IRR pooled = 1,80; p = 0,21 ).
Dalla revisione effettuata è emerso che i pazienti sottoposti ad anticoagulazione prolungata restano protetti contro le recidive di tromboembolismo venoso mentre ricevono la terapia di lungo periodo. Il beneficio clinico si mantiene dopo che l’anticoagulazione viene interrotta, ma l’entità del beneficio è meno pronunciata. ( Xagena2005 )
Ost D et al, JAMA 2005; 294: 706-715
Cardio2005